silente diplomazia.
non entro nel merito della questione israelo-libanese: la confusione gioca una parte fondamentale in questo conflitto e il mio grado di informazione riguardo all'argomento non è per niente elevato. lo è, al contrario, il rischio di finire incompresi, anche perchè una ragione assoluta non esiste.
ciò che attiva la mia curiosità, in casi gravi come questo, così come in situazioni più distese, è quel fitto insieme di incontri formali tra capi di stato e di governo, ministri, funzionari o, più in generale, rappresentanti di diverse nazioni, che iniziano e si svolgono in mezzo ad una grande attenzione degli organi di stampa e si concludono nell'indifferenza più totale.
i casi più emblematici sono quelli delle riunioni tra i cosiddetti grandi della terra: l'organizzazione di questo tipo di eventi dura mesi, le misure di sicurezza sono appositamente rinforzate e il dispiegamento dei media è frenetico.
al termine di tutto, però, nessuno realmente comprende di cosa si sia parlato dentro quelle stanze: i protagonisti dei summit si affrettano a dire di aver raggiunto decisioni importanti e di aver siglato accordi di notevole interesse, ma, mai come in questi casi, la concretezza dei fatti si dimostra così lontana dalle parole.
sopraffatto da una spiacevole sensazione di intangibilità, mi affido alla fantasia, lavorando sulle immagini, spesso note per goliardate di cattivo gusto, diffuse prima e dopo i meeting.
vedo questi signori, molto eleganti e sorridenti, che si stringono con forza le mani, voltandosi verso i fotografi e sussurrandosi parole dolci nelle orecchie.
tutti assieme entrano in una sontuosa stanza arredata per l'occasione: al centro un grosso tavolo attende che i signori, sempre eleganti e sorridenti, si accomodino.
i giornalisti vengono gentilmente invitati ad uscire e tutte le porte vengono chiuse dall'interno.
il vertice può così iniziare.
nei primi cinque minuti regna il silenzio: gli sguardi tra i presenti sono intensi, ma i visi sono ancora solcati da espressioni sorridenti.
il più corpulento del gruppo, stufo di rimanere a bocca cucita, passa all'azione, chinandosi alla destra del suo posto e tirando fuori, da uno zaino invicta vecchio e malconcio, un tagliere in legno chiaro, un lungo coltello affilato e un sacchetto di carta oleata.
al rovesciamento del contenuto del sacchetto al centro del tavolo i signori attorno ad esso allargano i loro sorrisi e perdono drasticamente l'eleganza iniziale, lasciandosi andare ad applausi scroscianti e distendendosi, a gambe aperte e bacino infossato, sulle comode poltroncine.
davanti ai loro occhi tre lunghi salami nostrani aspettano solamente di essere affettati.
con il passare del tempo il pavimento si ricopre di giacche e cravatte, nonchè di qualche cintura.
in un angolo ci si scambia materiale pornografico attraverso i videofonini, in quello opposto un trio ha acceso un'animata discussione calcistica, mentre sul tavolo si è attivato un piccolo, ma coinvolgente, torneo di briscola.
il tutto condito da abbondante vino rosso lombardo, rumorose risate e altrettanto rumorosi suoni corporali.
quando la sveglia di topolino, abilmente puntata un quarto d'ora prima del termine dei lavori, trilla stupendo i presenti, e svegliandone un paio distesi uno sull'altro, scattano, istantaneamente, imprecazioni che sorpassano con grande facilità il limite della decenza, andandosi a poggiare su quello della blasfemia.
ognuno si riordina, rivestendosi e sedendosi al proprio posto, tra chi si stropiccia gli occhi e chi riconta mentalmente i punti fatti giocando a carte.
le foto scattate dopo questo tipo di riunioni rispecchiano l'andamento degli incontri: amichevoli pacche sulle spalle e corna al compagno davanti, come un'affiatata classe delle elementari.
con il peso del mondo sulle spalle.
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